• 4 January 2025
Guida alla fiscalità degli NFT in Italia

Indice

E come potevamo aprire il 2025 senza fare una capatina o un bel ripassino legati al mondo degli NFT (Non-Fungible Token) e al complesso ragionamento fiscale che li riguarda? Ritengo che a lungo andare rappresenteranno, prima o poi, una delle avventure più interessanti per quei contribuenti e professionisti legati al settore. La loro natura unica, come asset digitali, richiede però un’attenzione particolare nella gestione fiscale, e la comprensione del loro trattamento risulta essere fondamentale per chiunque operi all’interno di questa realtà.

NFT, gioie e dolori fiscali

Il primo aspetto cruciale da comprendere è la distinzione tra attività occasionale e professionale nel trading di NFT. Questa distinzione non è sempre immediata, ma è determinante per il corretto inquadramento fiscale delle operazioni. Andiamo quindi per gradi. Quando un utente si avvicina al mondo dei token non fungibili, effettuando compravendite (anche se sporadiche) senza una strategia sistematica o un’organizzazione professionale, ci troviamo nel campo definibile come zona dell’attività occasionale. In questo caso, il regime fiscale risulta relativamente semplice. Questo perché la plusvalenza, ovvero la differenza positiva tra il prezzo di vendita e quello di acquisto, viene tassata con un’imposta sostitutiva del 26%.

Prima di continuare con un esempio diretto ricordiamo che nel testo del disegno di Legge di Bilancio 2025 approvato alla Camera, le criptovalute, (e quindi di conseguenza la vendita o acquisto degli NFT), sono stati soggetti ad alcuni cambiamenti. L’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze generate da criptovalute è fissata al 26% per il 2025. Già però a partire dal prossimo anno (2026), sarà aumentata, ahimè, al 30%. E ancora, la vecchia e cara soglia di esenzione di 2.000 euro è stata soppressa, questo vuol dire che tutte le plusvalenze, anche se inferiori a 2.000 euro, saranno tassate. E adesso, dopo questa sviolinata di realtà, andiamo sul concreto. Siamo un utente medio e decidiamo di acquistare, un mercoledì pomeriggio, un simpatico NFT a 1.000 euro che decideremo poi di vendere a 1.500 euro. Bene, la plusvalenza di 500 euro sarà soggetta a un’imposta di 130 euro.

Quando l’attività diventa più strutturata e frequente, il quadro cambia significativamente. L’elemento discriminante non è tanto il volume delle transazioni, quanto la loro sistematicità e l’organizzazione dell’attività. In questi casi, si entra nel regime dell’attività professionale, che comporta l’obbligo di apertura della partita IVA e l’applicazione delle aliquote IRPEF ordinarie. Gli scaglioni IRPEF attuali prevedono un’imposizione progressiva che parte dal 23% per i redditi fino a 15.000 euro, aumentando gradualmente fino al 43% per i redditi superiori a 50.000 euro.

NFT e wallet

La documentazione delle transazioni assume un ruolo fondamentale in entrambi i casi. È essenziale mantenere un registro dettagliato di ogni operazione, che includa non solo le date e gli importi, ma anche gli identificativi dei wallet (portafogli virtuali) utilizzati e gli hash delle transazioni. Questo aspetto diventa ancora più critico quando si opera con wallet esteri. In questo caso, se il valore complessivo supera i 15.000 euro, scatta l’obbligo di compilazione del quadro RW nella dichiarazione dei redditi e l’applicazione dell’IVAFE, l’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all’Estero, con un’aliquota dello 0,2%.

Un capitolo particolare riguarda gli NFT ricevuti gratuitamente, i cosiddetti airdrop. In questi casi, il valore dell’NFT al momento della ricezione costituisce reddito diverso e deve essere dichiarato utilizzando il valore di mercato di quel momento. Similmente, per gli artisti e i creatori che vendono NFT di propria creazione, il trattamento fiscale seguirà le regole dell’attività occasionale o professionale a seconda della frequenza e della sistematicità delle vendite.

La determinazione del valore degli NFT rappresenta ancora un campo poco conosciuto nel nostro Paese, perché i nostri commercialisti non sono ancora avvezzi o abituati (specialmente quando le transazioni avvengono in criptovalute) a trattare nello specifico tutti i casi. Il mio consiglio è quello di utilizzare di base il tasso di cambio della criptovaluta in euro al momento esatto della transazione. Per tutelarsi, è consigliabile sempre conservare screenshot e documenti che attestino il valore utilizzato, eventualmente facendo riferimento al prezzo medio giornaliero in caso sorgano dei dubbi.

I rischi fiscali in questo settore non sono da sottovalutare. L’omessa dichiarazione delle plusvalenze, l’errata qualificazione dell’attività o addirittura, la mancata apertura della partita IVA (quando necessaria) possono comportare sanzioni non da poco. Per questo motivo, va adottato sempre un approccio attento e documentato, possibilmente con il supporto di un professionista informato sui fatti, che possa guidare nelle scelte fiscali più appropriate.

Conclusioni

Dopo questa importante sviolinata sui percorsi da poco cambiati legati alle attività in campo virtuale (diciamo così) concludiamo dicendo che: il quadro normativo degli NFT è ancora in fase di evoluzione, e l’Agenzia delle Entrate potrebbe emanare nuovi chiarimenti e modificare le interpretazioni esistenti. È quindi essenziale mantenersi sempre aggiornati sulle novità normative e, in caso di dubbi, consultare un commercialista specializzato nel settore delle cripto-attività (ma ce ne sono in Italia?).

La gestione fiscale degli NFT richiede un approccio metodico e documentato. La conservazione accurata delle informazioni sulle transazioni, la corretta qualificazione dell’attività e il rispetto degli obblighi dichiarativi sono elementi che sanciscono la linea della trasparenza operativa e dell’equilibrio dei dati per operare in questo settore in modo conforme alla normativa vigente. Con l’evolversi non solo del quadro normativo, ma anche della funzionalità diretta dei token non fungibili o degli asset digitali, è probabile che emergeranno nuove linee guida e interpretazioni, rendendo ancora più importante il costante aggiornamento e la consultazione di professionisti esperti del campo.