Ci sono diverse tipologie di ingressi nel metaverso e differenti necessità. Che si tratti di semplice marketing o informazione relativa ad un dato prodotto, le dinamiche di base non cambiano. Quello che deve essere visto come fondamentale è lo storytelling.
Raccontare l’immersività
Quello a cui ci dovremmo prepararci, con l’avvento del nuovo mondo virtuale e parallelo del metaverso, è la sperimentazione. E in particolare dovremmo prima di tutto provare ad inventare nuovi linguaggi e soprattutto format di storytelling. Questo perchè l’utente immerso deve essere supportato nelle dinamiche di immedesimazione e di sequenza logica di un racconto. E la narrazione passa sempre dalle logiche della realtà anche se diversificate e rimodellate attraverso la sequenza delle immagini in 3D VR. Parliamo allora di narrazione digitale. Questa fa riferimento in toto alle dinamiche che regolano l’esperienza immersiva attraverso la fruizione di un audio spazializzato. Quando accade che la mente e lo sguardo dell’utente si ritrovino in una dimensione virtuale avviene quello che si definisce un effetto di first person embodiment.
Lo spettatore al centro…del metaverso
Quando si crea la struttura per una sceneggiatura, le regole da seguire sono quasi sempre categoriche. Si sceglie la linea dei tre atti di racconto con un’attenzione importante ad ogni particolare della scena descritta (suoni compresi). Se parliamo di storytelling immersivo farà gioco invece la progettazione narrativa all’interno di uno spazio in VR con un utente emboiled e la sua totale compartecipazione di ogni minimo evento, suono, storia, colore. Quando si girano dei video a trecentosessanta gradi con esperienza immersiva, e quindi presi dal reale, si dovranno affrontare determinate dinamiche. Se ci troviamo di fronte ad uno stile documentaristico, allora la visione di una struttura di storytelling sarà lasciata più libera alla realtà registrata. Questo perchè l’occhio di chi si immerge, attraverso visore, all’interno di un documentario di questa tipologia sarà soggetto agli accadimenti naturali di ciò che circondava l’attore o il personaggio protagonista del video, senza che ci sia dietro un ordine prestabilito degli accadimenti.
Metaverso, cinema e storytelling
Quello che possiamo dire è che, sebbene YouTube abbia aperto la porta alla sezione VR, è ancora molto difficile avere dei reali cortometraggi o filmati che sposino completamente la linea della sceneggiatura immersiva. Vale anche per la pubblicità. Non c’è ancora una strada tracciata ben precisa. Vorrei sottolineare però che la vera Realtà Virtuale (VR) risiede nella definizione di VR 3D. Questo vuol dire che ogni movimento dell’utente immerso corrisponde ad una logica ben precisa e stabilita di interattività. Non dobbiamo pensare che l’utilizzo della vision di una semplice telecamera 3D faccia la differenza e ci porti nel metaverso della comunicazione. No. I gradi di libertà di interazione di un utente immerso in uno spazio progettato o reale, devono essere perfettamente compatibili con ciò che accade all’interno dell’esperienza.
Meta-pensieri finali
Sono tante le realtà (nascono come funghetti dopo la pioggia) che si stanno presentando come risolutive per le aziende che vogliono fare il loro ingresso nel metaverso. Sono però pochissime quelle che fanno riferimento ad una formazione, che sia reale sui temi dei contenuti. E non mi venite a parlare di AI. Ancora non siamo pronti su quel versante. Dare le chiavi in mano ad un utente permettendogli di entrare in una dimensione di profonda immersività, vuol dire anche avere cura di strutturargli intorno una dimensione che lo accompagni nella fruizione di ciò che vede e sente. Questa esperienza, questo “nuovo apprendimento“, deve essere supportato in maniera concreta e soprattutto seria da chi non si improvvisa creatore di storie, ma da chi ha iniziato a comprendere l’importanza del racconto virtuale stesso.