Ci stiamo abituando lentamente ad ascoltare e a leggere argomenti e storie che tendono a raccontarci del Metaverso. Non è ormai solo una prerogativa degli addetti ai lavori, ma l’argomento inizia a far parte un pò di tutte le dimensioni. Soprattutto quelle professionali. La mia, e di conseguenza quella di questo piccolo blog, è quella di focalizzare quanta più attenzione possibile sulle modalità nuove di fare comunicazione.
Presenza e acquisto
Conosciamo a memoria pubblicità e slogan che in una forma 2D ci hanno rappresentato e continuano a rappresentarci, un legame indissolubile con la tradizione della notizia pubblicitaria. Conosciamo ritornelli, sigle, immagini, marchi e casi studio ormai conclamati. Eppure stiamo disperatamente cercando di evolverci verso altre direzioni. La generazione che abita attualmente il mondo ha una grande voglia di partecipare. Far parte di tutto, in prima persona, entrando nel particolare anche del prodotto che gli viene presentato da chi lo ha messo in vendita. Siamo sicuramente dei grandi consumatori e stiamo diventando degli ottimi ed esperti investitori. Il mercato si apre a modelli sempre più disparati di strategie di marketing e noi poveri utenti, bersagliati da tutte le parti, cerchiamo un rifugio sensoriale che soddisfi la globalità delle nostre intenzioni.
Immersività e comunicazione
Cosa vogliamo? Toccare. Cosa desideriamo? Conoscere e assaggiare (anche magari per primi) tutto quello che ci va di provare. Vestiti? Cibo? Automobili? Un nuovo partner (è inserito nel grafico ascendente anche questa tipologia di acquisto oggi) senza difetti? E allora le aziende che creano i nostri bisogni (è la pura verità) stanno cercando in tutti i modi di comprendere quale sia la modalità migliore per trascinarci dentro il vortice esperienziale del bravo e perfetto consumatore o cliente finale. Non basta più allora il video virale sui social, nè la formattazione con filtri dell’ultimo influencer che fa un balletto ben pagato, ci vuole altro, perchè il cliente non è del tutto soddisfatto. Ecco, quello che vogliamo è semplicemente entrare dentro e far parte del prodotto che ci andrebbe alla fine (dipende da tanti fattori) di acquistare. Siamo una community, ci piace farne parte e sappiamo cosa vuol dire la forza numerica all’interno della rete.
Prodotti, brand e decentralizzazione
Le opportunità che ci vengono offerte dalle Nuove Tecnologie XR portano la scena su di un palco diverso, ora si tratta di capire come allestirlo. Se il cliente può materializzarsi all’interno di una dimensione virtuale pronta per l’uso finale, ossia la percezione del prodotto, questo assomiglia già ad un cambiamento. L’utente “avatarizzato” (che bello coniare questi termini all’inizio dell’evoluzione linguistica di un nuovo mercato) allora sarà pronto per interagire con quello che più preferisce.
A lui la libertà totale di fare come crede nel gestire le sue sensazioni attraverso i device che gli vengono messi a disposizione. Sue le impressioni nel momento in cui cammina dentro ciò che desidera. Sembra troppo, non mi sembra, anzi c’è tanto da lavorare. Bisogna però cambiare la posizione della schiena e staccare il dito dal touch dei nostri smartphone. Quello che facciamo è stare normalmente seduti a fare swipe up dal basso verso l’alto. E questa la chiamiamo interazione? A me sembra piuttosto una fase di assimilazione passiva di continue informazioni che si confondono tra di loro. Alcuni obiettivi certo vengono raggiunti dai brand, ma solo per una viralità momentanea.
Metaverso e partecipazione
Magari non è la stessa situazione cantata dal grande Gaber, però la libertà come partecipazione attiva a ciò che decidiamo di scegliere non mi sembra assolutamente una cattiva strada. Anche se il Signor G. parlava di attivismo contro un negativo posizionamento passivo esistenziale (e di conseguenza politico), mi piace immaginare il Metaverso delle comunicazione come un’opportunità in più di libera scelta di ciò che realmente desideriamo. Presto ci stancheremo di subire continuamente informazioni non richieste e capiremo che far parte di una community globale, magari decentralizzata, potrebbe portare ad avere la mente un pò più aperta e a fare delle scelte molto più obiettive.
Il vestito del consumatore
Il noto marchio Tommy Hilfiger ha fatto subito centro, e parliamo di strategie attive di marketing. Anzi, ci riferiamo volutamente al marketing immersivo. L’azienda ha creato insieme allo “sfornatore patentato del metaverso di avatar” Ready Player Me, la possibilità di vestire, sia gratuitamente, all’inizio, che fisicamente, nel caso in cui dovesse andar bene la proposta, il cliente che ama andare in giro per il Web3. Ci si fa un avatar sul sito del brand e poi lo si caratterizza con una serie di abitini (di cui è descritto il prezzo) con la possibilità di averne uno gratuito virtuale (spedito tramite mail) e un altro sempre a casa in un bel pacco, però pagando con carta di credito. Il gioco della comunicazione immersiva è presto fatto. Ed è solo uno dei tanti esempi possibili. Nel momento esatto in cui l’utente decide di utilizzare questo avatar come sua identità di riferimento digitale, può usarlo su diverse piattaforme. E sempre con outfit firmati Hilfiger. La comunicazione sta cambiando, davvero. Le porte del Metaverso sono spalancate, basta capire quale sia l’ingresso giusto per ognuno di noi.