• 19 April 2024
Architetto del Metaverso

Quando ho scoperto il Metaverso, tramite Experiency che ha aperto il proprio studio su Spatial, me ne sono innamorato. Sarà che ho iniziato a videogiocare quando avevo tre anni e ho continuato per tutta la vita, ma per me l’idea di giocare con il mio avatar all’interno di un ambiente 3D è stata “naturale”, forse è l’aggettivo migliore che potrei usare.

Ho iniziato ad esplorare tutti i luoghi metaversiani che incontravo, riscontrandone differenze, punti di incontri ed utilizzi possibili, ed ho iniziato a pensare di customizzare il mio spazio personale in Spatial.
Era già divertente incontrare persone nel Metaverso, è vero. Ed era bella l’idea di riempire uno spazio con le mie informazioni ed i miei contatti, come fosse un CV o un sito in 3D.
Ma non mi bastava. Perché sapevo che davanti a me c’erano altre possibilità e che non potevo approcciarmi al Metaverso come fosse solo un sito internet.
Per questo motivo ho iniziato a studiare Blender, il software per la costruzione di modelli 3D.
Per poter avere il controllo sul mio Spazio e quindi sulla comunicazione che avrei avuto con i miei visitatori.

Architettura dell’Informazione nel Metaverso

Quando parliamo di Branding ci riferiamo ad una serie di dati che vanno pensati, individuati e posizionati in un certo modo. Tutta la nostra comunicazione deve infatti essere coerente e comprensibile perché i prospect ci individuino, si ricordino di noi e ci scelgano.
Il nome, il logo, i font, la palette di colori, le informazioni che scegliamo di condividere… ogni contenuto e dettaglio parla di noi al potenziale cliente.
Tutto questo è vero anche quando scegliamo di costruire uno spazio nel Metaverso, ma con un dettaglio in più: l’uso dell’Architettura.

Nel Metaverso ci muoviamo infatti usando un avatar, possiamo interagire con l’ambiente e se abbiamo costruito uno spazio all’interno di ambienti come Decentraland o Sandbox potrebbe capitare che una persona venga nel tuo luogo per caso.
Per questo motivo, quando si progetta il proprio ingresso nel Metaverso occorre pensare al tipo di struttura che mostreremo e che ospiterà la nostra comunicazione, perché ne sarà parte integrante.

Quanto grande sarà lo spazio? Cosa metteremo al suo interno? Che tipo di interazioni permetteremo?
Quante stanze e spazi differenti avremo? Queste e mille altre domande sono fondamentali e mostrano come l’approccio alla costruzione del Metaverso possa trarre un grande beneficio ragionando a tutti gli effetti come Architetti dell’Informazione.
Per un Architetto dell’Informazione infatti le scelte progettuali vanno intese sempre come parte di una strategia che parte dall’individuazione dell’esperienza d’uso.
Il numero di stanze, le distanze e le dimensioni ad esempio sono Dati che possiamo raccogliere dopo un’analisi dell’esperienza di cui abbiamo bisogno e per comprenderla occorre mettere gli Utenti al centro.
Consiglio a tal proposito il testo “Progettazione Funzionale” del professor Federico Badaloni che mostra una prospettiva costruttiva che può adattarsi benissimo alle sfide del Web 3.0.

Esperienza Utente in 3d: il movimento al posto del Click

Una delle critiche che vengono mosse più spesso da chi ancora fatica a capire il Metaverso riguarda il “numero” di azioni da compiere per fare cose che con altri tool richiedono meno impegno.
Una call su Zoom è ad esempio più veloce dell’incontro in un Metaverso come Spatial.
Solo in apparenza, però.

Una volta fatto l’accesso in una stanza, questa rimane salvata nel nostro registro e l’host può avvisarci nel momento in cui fa partire un evento, come una call per parlare di un progetto, una lezione, una sfilata o una chiacchierata per garantire un pò di sano Water Cooling. È pur vero che in molti degli spazi che mi è capitato di frequentare per ricerca o svago si percepiva un problema di fondo, tipico dell’adozione delle nuove tecnologie: la mancanza di limiti e strategia.

Se mi dai la possibilità di creare spazi infiniti è probabile che lo farò, soprattutto perché spesso gli architetti (o progettisti che si scoprono tali) che si avvicinano alla costruzione nel metaverso con uno spirito più artistico-esplorativo che funzionale. Ma se hai bisogno di uno spazio per organizzare le call con il tuo Team non ti serve la riproduzione in scala della Torre di Babele: ti serve sapere il numero dei partecipanti, come posizionare i posti a sedere così che informino la gerarchia esistente in modo logico e dove verranno condivisi schermi e materiali.

Se infatti nel Web 2.0 esiste la regola “massimo 3 click” per rendere funzionale un funnel, qualcosa di simile esiste nel Metaverso e bisogna tenerne conto.

Cosa dice di te il tuo Metaverso?

Qualche settimana fa un ragazzo di nome Paolo è entrato nel mio Studio su Spatial dopo aver letto un mio post su Linkedin.
Non mi conosceva, né io conoscevo lui.
Eppure dopo aver fatto un giro di pochi minuti nel mio studio ed aver dato un’occhiata alla mia libreria di testi consigliati e i quadri appesi sul muro sapeva moltissimo di me. Sapeva che sono stato in Sicilia, che abbiamo dei libri in comune, che uno dei miei simboli preferiti è il Tao e che per me One Piece è una religione.
“Sono tutte informazioni che non avrei avuto in così poco tempo scorrendo il tuo feed Instagram”. Il mio Studio parla di me perché l’ho progettato partendo da una semplice domanda: chi è l’Architetto della Mente? E tu… chi sei?

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