• 22 January 2025
Intelligenza artificiale e sanità

Indice

Da quando l’intelligenza artificiale ha fatto il suo ingresso trionfale nel mondo della Sanità, sembra che ogni settimana qualche startup ci prometta la rivoluzione definitiva della medicina così come la conosciamo. L’ultima frontiera, quella della telemedicina potenziata dall’IA, ci viene presentata come la panacea di tutti i mali del sistema sanitario, una sorta di bacchetta magica digitale che dovrebbe trasformare le nostre case in ambulatori virtuali all’avanguardia. Ma quanto c’è di vero in queste promesse? E soprattutto, siamo davvero pronti per questo salto quantico nella gestione della salute?

Tra promesse miracolose e realtà dei corridoi ospedalieri

Nel panorama italiano, dove ancora troppo spesso ci si trova a combattere con fax recalcitranti e cartelle cliniche che sembrano geroglifici, l’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale nella telemedicina assume contorni quasi surreali. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha stanziato cifre da capogiro – parliamo di un già concordato miliardo di euro – per la digitalizzazione sanitaria. Una manna dal cielo, verrebbe da dire, se non fosse che spesso questi fondi rischiano di trasformarsi in cattedrali nel deserto digitale, in un Paese dove ancora molti anziani considerano WhatsApp come l’ultimo grido in fatto di tecnologia.

Le regioni italiane, nel frattempo, si muovono in ordine sparso, come un’orchestra dove ogni musicista suona il proprio spartito. La Lombardia, sempre pronta a fare da apripista, ha implementato sistemi di telemedicina che promettono di rivoluzionare il monitoraggio dei pazienti cronici. Un’iniziativa lodevole, certamente, ma che si scontra con la realtà di una popolazione anziana che spesso fatica a distinguere un tablet da un tagliere. L’Emilia-Romagna e il Veneto seguono a ruota, con progetti pilota che sulla carta sembrano usciti da un episodio di Black Mirror, ma che nella pratica quotidiana devono fare i conti con la bandwidth limitata di certe zone rurali e la resistenza al cambiamento di parte del personale sanitario.

Intelligenza artificiale e algoritmi domestici

Il vero elefante nella stanza resta al momento la questione dell’empatia digitale. Gli sviluppatori ci assicurano che i loro algoritmi sono in grado di analizzare le più sottili sfumature emotive durante una consultazione video, come se un software potesse davvero sostituire quarant’anni di esperienza di un medico nel leggere il linguaggio corporeo di un paziente. Certo, le nuove piattaforme di realtà aumentata promettono di trasformare il nostro salotto in un ambiente terapeutico accogliente, ma c’è da chiedersi se questa non sia l’ennesima manifestazione della nostra ossessione tecnologica, un tentativo di medicalizzare anche gli spazi domestici.

Particolarmente interessante, se non fosse così preoccupante, è l’idea degli assistenti virtuali empatici. Questi software, che dovrebbero fornire supporto continuo tra una visita e l’altra, vengono presentati come una sorta di amici digitali sempre pronti all’ascolto. Un concetto affascinante, che però solleva interrogativi inquietanti sulla progressiva disumanizzazione del rapporto medico-paziente e sulla nostra crescente dipendenza dalla tecnologia per gestire aspetti fondamentalmente umani della nostra esistenza.

Non si tratta di negare il potenziale innovativo di queste tecnologie – sarebbe miope e controproducente. Piuttosto, è necessario adottare un approccio più realistico e pragmatico alla digitalizzazione della sanità. La vera lotta (quotidiana…) non sta tanto nell’implementare l’ultima meraviglia tecnologica, quanto nel costruire un ecosistema digitale che sia davvero accessibile e utile per tutti, dai nativi digitali agli ottantenni che ancora preferiscono il telefono fisso.

Conclusioni

E così, mentre ci lasciamo trasportare dall’entusiasmo per queste innovazioni, faremmo bene a ricordare che la medicina, prima di essere una questione di algoritmi e intelligenza artificiale, è una questione di intelligenza naturale e, soprattutto, di umanità. Il futuro della sanità digitale in Italia dipenderà non tanto dalla sofisticatezza dei nostri sistemi di IA, quanto dalla nostra capacità di implementarli in modo sensato, inclusivo e veramente utile per i pazienti. Nel frattempo, forse, potremmo iniziare assicurandoci che tutti i nostri ospedali abbiano una connessione Wi-Fi decente.