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
Tutto parte da una semplice pianta da ufficio.
Un bel vaso, discreta fioritura, foglie larghe e curate, la prima cosa che si nota entrando nel piccolo spazio di Caresilk è proprio qualcosa che ha a che fare con la Natura.
Il verde è predominante un po’ ovunque, e si ha la sensazione, per un attimo, di respirare aria più sana. Sì, lo so, può sembrare un po’ surreale ma è così. Questo posto ha qualcosa di aperto, e non credo sia la finestra sulla quale sono ben calate due tende a sacco di un bel verde brillante. Credo si tratti invece, di apertura mentale, ed è quella che avverto da subito, e non è una sensazione passeggera, soprattutto quando inizio a parlare con Mauro Pollini e Federica Paladini.
Questi due giovani pionieri della bachicoltura, unita e fusa con le più innovative tecniche di ingegneria e biotecnologia, hanno tanto da raccontare. Mi siedo su una delle sedie verdi del grande tavolo e inizio quella che doveva partire come una semplice intervista ma che poi si è trasformata in un tempo di apprendimento profondo. Quasi un deep learning dei bachi da seta.
Quello che mi è rimasto però più impresso di questi due ricercatori, nonché professori universitari e soprattutto, volti di un progetto veramente innovativo, è la perseveranza tenuta negli anni, senza mai mollare né stancarsi di fronte alle tante avversità incontrate. E i progressi raggiunti e le possibili soluzioni da presentare al più presto sul mercato internazionale corrispondono all’esatta fisionomia della loro grinta. Grinta nella ricerca di ciò che può fare del bene, passione nella modalità di approccio qualitativo e soprattutto dinamismo e coraggio nel proporre ciò che ancora nessuno aveva provato a fare.
Sarà il Salento? Forse.
Anche perché come terra ha una storia millenaria fatta di vittoriosa audacia scientifica (come il celebre medico e ricercatore Cantani o, un altro pioniere come Cesare Maltoni, ma proporrei nel ricordo anche il brigante salentino Pizzichicchio che resistette contro gli oppressori e che, anche se fuori argomento, mette un po’ di animo rivoluzionario, ma proprio un pizzichicchio, in ciò che si sta per dire).
Prima di partire con le domande gli faccio i complimenti per lo studio, certo un po’ piccolo ma che rispecchia tutta la loro forza. In realtà, mi spiegano, tra i tanti desideri che hanno, quello di avere uno spazio che rappresenti tutto ciò che portano avanti con tanto sacrificio, è in cima alla lista. Io sono sicura che questo avverrà presto, c’è troppa aria di innovazione da queste parti.
Mi sistemo un po’ meglio sulla sedia e inizio ad ascoltare il racconto. Parlano insieme Mauro e Federica e lo fanno rispettando i tempi l’uno dell’altra, e sempre in accordo con quello che mi spiegano con grande professionalità.
Come nasce l’idea di Caresilk? Cosa vi ha spinto, come ricercatori universitari nel campo della bioingegneria, a dedicarvi alla produzione di proteine della seta?
Caresilk nasce dalla partecipazione, alla Start Cup Puglia 2014, una competizione che premia le idee di business più innovative sul territorio regionale. L’idea con la quale abbiamo partecipato alla Start Cup, ovvero la produzione di seta intrinsecamente antibatterica tramite alimentazione modificata del baco, deriva dall’unione delle esperienze pregresse in campo universitario mie e di Mauro. Infatti mentre Mauro ha una lunga esperienza nel campo dei trattamenti antibatterici a base di argento, io nel corso delle mie attività di ricerca universitarie ho maggiormente esplorato il mondo dell’ingegneria tissutale e in particolare del wound healing, concentrandomi sui biomateriali con proprietà di rigenerazione tissutale. Fra questi, la fibroina ci ha incuriosito sin da subito e, oltre agli aspetti più tecnologici legati al materiale, ci affascinava anche il mondo della natura e la tradizione della bachicoltura che anche in Puglia, così come nel nord Italia, in passato era ben radicata.
Quindi, nell’ottica di sviluppare (da bioingegneri) un dispositivo medico sia con proprietà antibatteriche che con proprietà di rigenerazione tissutale, piuttosto che trattare con argento una medicazione in fibroina, abbiamo pensato di alimentare il baco con foglie di gelso/dieta trattate con argento, in modo che fosse lo stesso baco a produrre per noi seta antibatterica.
Con questa idea ci siamo aggiudicati il premio “Life Science” e il premio “Vincitore Assoluto” nell’ambito della Start Cup Puglia e abbiamo avuto accesso diretto alla competizione nazionale PNI, Premio Nazionale per l’Innovazione, che nel 2014 si teneva a Sassari. In quell’occasione abbiamo ricevuto dall’ambasciata francese il premio Franci@innovazione grazie al quale Caresilk è stata incubata presso Pulsalys, incubatore e acceleratore d’innovazione con sede a Lione. Durante la nostra permanenza a Lione abbiamo avuto la possibilità di entrare in contatto con aziende, start up, enti di ricerca e istituti che supportano la crescita delle piccole iniziative imprenditoriali, ammirando in alcuni casi il modello francese che offre ai giovani imprenditori molte opportunità di crescita. Lavorando con i colleghi francesi sul nostro business plan, in quel momento principalmente focalizzato sulla seta intrinsecamente antibatterica, ci siamo scontrati con una difficoltà che ai quei tempi non immaginavamo sarebbe diventata il business core della nostra azienda. La difficoltà di reperire nel mondo fornitori di proteine della seta non idrolizzate di elevata qualità e purezza, unitamente alla consapevolezza di avere acquisito nel tempo skills specifiche per l’estrazione e il processing di questi materiali, ha aperto nelle nostre menti nuovi orizzonti e nuove prospettive. Perciò abbiamo deciso di concentrarci sulla produzione di fibroina e sericina per il settore farmaceutico e cosmetico (non necessariamente antibatteriche), mettendo a punto sempre più performanti protocolli di estrazione che fossero anche scalabili per volumi di produzione maggiori.
La vostra tecnologia permette di mantenere integre le proteine della seta. Potreste spiegarci, in termini semplici, quali sono i vantaggi di questo approccio rispetto ai metodi tradizionali?
In forma idrolizzata, le proteine della seta sono da tempo note al mondo della cosmesi che le impiega principalmente in prodotti per capelli. Una proteina idrolizzata è una proteina la cui catena di amminoacidi è stata frammentata in catene corte o singoli amminoacidi da attacchi acidi o enzimatici, determinando così bassi valori di peso molecolare. Sebbene alcune proprietà delle proteine della seta siano associate agli specifici tipi di amminoacidi che la compongono, la struttura integra e gli arrangiamenti tridimensionali della molecola ne determinano una maggiore bioattività. Pensiamo ad esempio alle potenziali applicazioni in ingegneria tissutale, dove la capacità della fibroina di stimolare la proliferazione e migrazione cellulare possono essere sfruttare per accelerare il processo di guarigione di ferite. Oppure pensiamo alle proprietà filmogene che possono essere sfruttate in cosmesi per creare sulla superficie di capelli e cute un film protettivo e idratante che protegge dallo smog, dalle radiazioni e dal freddo, donando lucentezza e un visibile effetto antiaging anche alle pelli più sensibili. A queste proprietà occorre aggiungere, fra i vantaggi, anche la totale assenza di residui chimici di lavorazione (ad esempio di acidi) che rende le nostre proteine non idrolizzate anche più pure e più sicure.
Avete sviluppato una metodologia tutta vostra per ottenere proteine della seta con proprietà antibatteriche. In quali settori questa innovazione sta mostrando le applicazioni più promettenti?
A nostro avviso uno dei settori più promettenti per la seta intrinsecamente antibatterica è quello del wound healing. Molti prodotti per la cura di ferite contengono agenti antimicrobici di vario tipo, ma la possibilità di avere un dispositivo con proprietà antibatteriche e di rigenerazione senza ricorrere a costose tecnologie può rappresentare un grande vantaggio anche in termini di ecosostenibilità.
Il progetto Caresilk Farm per la gelsibachicoltura in Puglia unisce tradizione e innovazione. In che modo riuscite ad integrare le tecniche tradizionali con le moderne tecnologie, come le diete artificiali per i bachi?
Per lavorare nel settore farmaceutico e dei dispositivi medici è fondamentale garantire la tracciabilità di tutti i materiali e il controllo di ogni fase del processo produttivo. I bozzoli per noi rappresentano la materia prima da cui estraiamo le proteine ed è strettamente necessario che siano di alta qualità e che provengano da una filiera controllata e regolamentata. Perciò anche la bachicoltura, che apparentemente appartiene alla tradizione, non può non essere affiancata dall’innovazione tecnologica, con cui anche i controlli di produzione possono essere ottimizzati. Ad esempio, la dieta artificiale è fondamentale per destagionalizzare l’allevamento del baco che, altrimenti, sarebbe limitato ai periodi dell’anno in cui le foglie di gelso sono disponibili.
Caresilk opera in settori molto diversi tra loro – dal biomedicale all’alimentare. Qual è la parte più ardua nel gestire applicazioni così diverse della vostra tecnologia?
Ogni applicazione richiede uno studio ad hoc, per individuare le specifiche proprietà richieste agli specifici prodotti e, di conseguenza, i metodi più idonei per ottenerle. Per fare questo, la nostra esperienza universitaria e la passione per la ricerca sono di grande aiuto, perché ogni nuovo prodotto e ogni nuova applicazione rappresentano una sfida a cui trovare una soluzione, diversificando opportunamente metodi e processi.
La sostenibilità sembra essere al centro del vostro progetto, dalla coltivazione dei gelsi alla produzione. Come influenza questo aspetto le vostre scelte tecnologiche e di business?
La natura è la nostra fonte di ispirazione e dall’osservazione della natura scaturiscono idee per proporre innovazione tecnologica. Amare la natura significa rispettarla e cercare di elaborare soluzioni tecnologiche che limitino l’impatto ambientale e che al contempo valorizzino il nostro territorio.
Guardando al futuro, quali saranno le applicazioni più innovative delle proteine della seta? E quali quelle che al momento state esplorando?
Le applicazioni delle proteine della seta sono numerose e stanno attraendo sempre di più gli studiosi e i ricercatori di tutto il mondo. Nonostante la letteratura scientifica, al momento non sono però disponibili in commercio prodotti a base di proteine della seta non idrolizzate negli ambiti di nostro attuale interesse quale la medicina rigenerativa, la medicina estetica e la cosmesi. Auspicando che i settori di applicazione di fibroina e sericina siano sempre in aumento, la medicina è l’ambito nel quale ci auguriamo che questi materiali trovino più spazio, ad esempio nel trattamento di tumori e di malattie rare. Volendo pensare a qualcosa di futuristico, ci piacerebbe anche poter sfruttare le proprietà di conservazione per il trasporto di farmaci nello spazio.
Come ingegneri con PhD e esperienza nella ricerca universitaria, che consiglio dareste a chi vuole trasformare la propria ricerca in un’impresa?
Fra le altre cose, la ricerca universitaria ci ha insegnato l’approccio scientifico, il rigore metodologico, il lavoro simultaneo su più progetti, la costanza nel perseguire i nostri obiettivi e la capacità di analizzare i progressi tecnologici. Questi sono tutti elementi fondamentali per chi proviene dal mondo accademico e vuole approcciare il mondo imprenditoriale. Fare impresa richiede però anche la valutazione della fetta di mercato di interesse, dei potenziali competitor e dei potenziali clienti; richiede anche la definizione di strategie economico-finanziarie che, soprattutto nella fase di start-up, sono fondamentali per garantire l’avvio delle attività. Nelle fasi di avvio dell’iniziativa si riscontrano le maggiori difficoltà, ma si è fermamente convinti della bontà del proprio prodotto/processo. Il nostro consiglio è di perseguire nel proprio intento ed esplorare tutte le opportunità che possano renderlo raggiungibile.
La vostra azienda è situata nel Distretto Tecnologico High Tech DHITECH. Quanto è importante l’ecosistema pugliese per la vostra crescita e innovazione?
La Puglia è stata la nostra prima sostenitrice. Dalla Start Cup 2014 ad oggi abbiamo ricevuto riscontri positivi nell’interlocuzione con le rappresentanze regionali e questo ci ha enormemente gratificato. L’ecosistema pugliese è fondamentale e offre stimoli quotidiani per promuovere l’innovazione sul territorio e farlo crescere scientificamente ed economicamente. I giovani ricercatori, le aziende e i centri di ricerca, l’ambiente e il clima sono fattori chiave per promuovere lo sviluppo del territorio, in un’ottica di networking e di reciproca collaborazione.