Marco Daturi è un “attivista” della comunicazione. Uno spirito entusiasta e soprattutto uno sguardo lungimirante sul futuro. Viene dal marketing digitale più specifico e su di sé porta l’esperienza di chi ha lavorato per molti anni in questo campo. Viene anche dal profondo, nel senso che la grande passione che ha per il mare (è un sub vero) gli ha insegnato a regolare il tiro quando intorno tutto sembra non rientrare nelle linee. E questa personale esperienza l’ha trasmessa a chi con lui ha collaborato e collabora da sempre, riuscendo a definire una metodica di approccio al vero marketing, in grado di cambiare le aspettative più ovvie.
Marco ha scritto un libro, di quelli che servono davvero e che danno qualche dritta in più a chi crede che si possa fare della vera innovazione all’interno degli schemi comunicativi digitali attuali. Si intitola “Change Marketing” ed è un viaggio all’interno delle strategie che riguardano la corporate identity e lo sviluppo di quei nuovi modelli che stanno caratterizzando il cambiamento. Quando ci siamo visti mi ha raccontato un po’ di cose in una sorta di intervista vecchio stampo (lui parlava e io scrivevo), su tutto quello che dovremmo ricordarci se abbiamo qualche cosa in comune con il mondo del marketing.
Avere una determinata linea di ossigeno per poter catturare il fulcro di quello che vogliamo rappresentare. Come si crea la riserva d’aria giusta nel mondo della comunicazione?
L’ossigeno, o meglio l’aria, deve essere sempre disponibile senza mai farci arrivare al punto di riserva. Questo è possibile solo organizzando e programmando ogni attività. Se poi ci si ritrova in una situazione di quasi emergenza, è bene non restarci troppo a lungo ottimizzando ogni mossa e decisione. Purtroppo sappiamo tutti che oggi si lavora e si vive con dei ritmi che assomigliano sempre di più ad una corsa ad ostacoli. Questa però non può e non dovrebbe essere la normalità. Nella subacquea questo si impara bene, si parte con aria a 200 bar e quando si arriva a 50 si sa che è ora di risalire.
Come ci si adatta al cambiamento senza uniformarsi alle tendenze?
Non credo che “adattarsi” sia la parola più giusta, forse sarebbe meglio utilizzare dei termini più simili all’atto di “gestire” o “organizzare”. Comunque, al di là della terminologia, credo che cambiare sia obbligatorio. Mai uniformarsi. Bisogna sempre cercare di essere remarkable, valorizzando i propri elementi distintivi. Come Zeropixel ad esempio, cerchiamo sempre di organizzare il lavoro in maniera tale che se ci sia qualcosa da modificare, si analizzano subito quelli che sono gli elementi distintivi. E se questi non dovessero esserci allora cerchiamo di differenziarci per il metodo di approccio al cliente e naturalmente per la corporate identity. Le tendenze vanno sempre bene, e se si creano è meglio, ma la cosa migliore resta quella di seguirle restando sul pezzo.
Cosa può insegnare il mare nella strutturazione di un piano marketing efficace?
Il mare ci insegna tante cose, sia sopra che sotto, in entrambe le prospettive. Quella che ho imparato di più e mi piace ricordare è la gestione delle emergenze, ossia la capacità e la metodica di riuscire a non andare in affanno. Quando ho fatto il corso Rescue di soccorso subacqueo, mi sono reso conto che oltre alla propria capacità di controllare lo stato emotivo, bisogna anche conoscere profondamente il mare. Ho imparato tantissimo, e la prima cosa che comprendi è quella di avere rispetto per tutti gli elementi. E questo vale anche nel mondo del marketing.
E’ vero che viviamo in un’epoca sempre più digitale, la Realtà Virtuale (VR) e la Realtà Aumentata (AR), sono le nuove classi d’azione progettuale della comunicazione, ma non dobbiamo mai dimenticare le basi: la corporate identity in particolare, il nostro DNA (come azienda). Esatto, proprio il DNA, perché è da questo che si capiscono tante cose.
L’empatia è un dono, come si riflette nel marketing digitale?
Argomento stupendo. L’empatia è importantissima nel marketing, è credo sia uno dei driver fondamentali anche nella vita e io, sono un empatico selettivo. Il marketing di oggi è cambiato. Credo che la prima cosa da fare sia quella di ascoltare, analizzare e capire chi è il nostro interlocutore e quali esigenze, problemi o desideri abbia. La costruzione delle buyer personas è molto utile, senza utilizzare sempre il metro della linea del target, anche se si tratta di aziende. Oggi sappiamo che sono ormai tutti orientati verso il digitale, e per comunicare con loro bisogna utilizzare gli strumenti giusti che si riferiscono alla generazione di appartenenza. Semplificando ricordiamo i Baby Boomers, la generazione X, Y, Z e ora l’Alpha. Approcci e strumenti completamente diversi. Noi di Zeropixel lo sappiamo e cerchiamo di capire quali siano le reali esigenze.
In che modo si può oggi trasmettere il valore di qualcosa senza intaccarne la reale natura?
Da un paio di anni utilizziamo una matrice, la corporate identity matrix framework, per definire il DNA delle aziende in 9 blocchi. I valori sono al centro di tutto, i core values, sono un punto fondamentale. Se sono ben definiti e condivisi si possono anche trasmettere più facilmente agli stakeholder esterni (clienti, fornitori) e interni (colleghi) utilizzando il proprio tono di voce senza snaturarlo e mantenendolo sempre coerente con l’immagine che abbiamo e che vogliamo rappresentare.
Le onde dell’oceano non sono tutte uguali. Come spiegare a chi va nel profondo cosa sia meglio lasciare in superficie?
Una domanda stupenda. Nell’oceano, c’è una cosa che va sempre lasciata in superficie: la boa segna sub. Questa indica che ci siamo, ci troviamo proprio lì, e quello è anche il nostro punto di ritorno. Nel marketing non ci ho mai pensato ma se dovessi dirti cosa lascerei in superficie, ben visibile, direi il nostro brand. Perché credo sia importante che una giusta brand identity galleggi sempre in maniera tale da essere ben visibile ma naturalmente sempre in modo non troppo impattante.
Tecnologie Extended e possibilità di comunicazione personalizzata. In che modo si articoleranno le nuove strategie?
Le possibilità delle tecnologie XR sono ora tantissime e possiamo chiamarle nuove frontiere della comunicazione perché, soprattutto in Italia, siamo ancora piuttosto indietro su questi aspetti. Mi sembra che siamo indietro nella tecnologia ma soprattutto nella cultura. Bisognerebbe fare formazione in questa direzione. Sei d’accordo?
Assolutamente sì! (Mia unica intromissione in questa intervista).
Quali sono i meccanismi che oggi regolano la creazione di un libro rispetto al target di riferimento e alle sue proiezioni?
I meccanismi sono, almeno per me, sempre gli stessi, parto prima dall’idea poi abbozzo una scaletta di argomenti e infine sviluppo un progetto. Rispetto alla mia vita, molto digitale, preferisco sempre i libri cartacei. Per scrivere “Change Marketing” ho impiegato più di un anno. Non avevo in realtà fretta di finire, ma ho avuto la possibilità di inquadrare in maniera costante e tecnica quelli che erano i punti per me importanti da trattare. Il mio target di riferimento? Ho scritto il libro per gli imprenditori, i professionisti, i manager e in generale per tutti coloro che hanno capito di dover cambiare qualcosa nelle loro attività per poter stare al passo coi tempi.
Le proiezioni? Mi auguro però che possa essere utile per qualche imprenditore, in particolare quelli più ostili al cambiamento. E soprattutto tra quanti già mi conoscono così avranno uno strumento in più per ripensare alla loro riorganizzazione. L’obiettivo è proprio quello di dare l’imprinting di una prospettiva di visione diversa. Quello che mi sono divertito a fare è stato creare una sezione all’interno del libro in cui dare la possibilità a tutti di esercitarsi su temi comuni a chi lavora con le strategie di comunicazione e marketing, ma anche solo per chi ha voglia di mettersi alla prova e cercare di aprire nuovi scenari tattici di visione.