• 20 February 2025
Plasticità neurale

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Cosa ci va realmente di apprendere? Lo sappiamo ancora? Alcune volte sembra quasi di sì, ma altre (tantissime) siamo completamente avviluppati da contenuti superveloci che ci orientano dove forse non ci andrebbe poi tanto di andare. Oggi, il nostro cervello percepisce i contenuti visivi e vocali in modo significativamente diverso rispetto al passato. E vabbè…mi direte, ma questo lo sappiamo già. Allora perché questo articolo? Ah! Come vorrei che fosse un editoriale!

E forse oggi lo è.

Con l’avvento di internet, i tanti e colorati social media e poi l’infinito e ripetitivo streaming, sapete cosa è accaduto? Semplice ma da sottolineare. E’ accaduto che quella parte fondamentale di noi che si chiama “materia grigia” (sapevate anche che il nome viene dall’accumulo dei tantissimi neuroni?) è abituata a processare informazioni visive e vocali in modo sempre più rapido e purtroppo, la maggior parte delle volte, frammentato. Un po’ come la palla che tirava in alto la Sandrelli in Non ci resta che piangere (provare, provare, provare, provare…). Siamo esposti ad una grandissima quantità di stimoli in poco tempo, il che ha portato a una maggiore capacità di multitasking, (e questo ci può anche piacere) ma anche a una riduzione della capacità di concentrazione prolungata. Inutile dire che questo non sia vero.

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Sapete cosa accade? Una cosa impavidamente audace, e cioè che le tecnologie come video on-demand, realtà virtuale e assistenti vocali, ci hanno abituato ad aspettarci continuamente una gratificazione immediata. Come un pezzo di cioccolato e nocciole dato al momento opportuno, un bel pezzone “stock” che ci si frantuma in bocca a stomaco vuoto.

Il cervello si è adattato a preferire contenuti dinamici, interattivi e personalizzati, (molto personalizzati) in grado di darci un’esperienza molto più coinvolgente e molto meno faticosa. Non dobbiamo sprecare più di tanto le nostre energie, altrimenti come andremmo in palestra a fare pilates (avete notato che sui social sono diventati tutti professionisti della materia) o a fare quei due chilometri in macchina per andare a fare l’aperitivo? (classi escluse da queste due opzioni sono quelle che non riescono ad arrivare a fine mese, e quindi parecchie).

La tecnologia ha destrutturato e riformattato a suo piacimento il modo in cui memorizziamo le informazioni. Il cervello tende a fare più affidamento su supporti esterni (come smartphone e cloud) per archiviare dati, che su altro, riducendo così la necessità di memorizzazione a lungo termine. Questo fenomeno è noto come “effetto Google“. Sapevate anche questo?

E va bene, tecnologie come la realtà virtuale (mista e aumentata non dimentichiamole) i video ad alta definizione e i suoni surround creano esperienze più immersive e intense. E quanto ci piacciono!!! Però, l’eccesso di tutti questi fantasmagorici stimoli può portare a una sorta di desensibilizzazione emotiva (che parolone eh?) rendendo più difficile provare emozioni profonde rispetto al passato. E già il mondo non se la sta passando bene a livello di empatia globale.

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La nostra bella mente, così perfetta e in grado di immaginare qualunque cosa, è costantemente bombardata da tutti questi stimoli ricorrenti (notifiche, pubblicità, drin drin vari e a tutte le ore), il che ha portato a una evidente difficoltà nel mantenere l’attenzione su un unico elemento per periodi prolungati. E stiamo parlando di un fenomeno esistente, non di patatine fritte, un fenomeno che è definito come attenzione frammentata.

Noi abbiamo una cosa meravigliosa nella nostra testa che si chiama “plasticità neurale”.

Questa sincronia con l’esterno che ci circonda ha permesso da sempre al cervello di adattarsi all’ambiente in cui il mondo è cresciuto nei secoli. Oggi siamo dentro (immersi fino alla punta della narice) in un ambiente ancora più ricco di stimoli, ma questa volta “parecchio” tecnologici. E questo adattamento può avere effetti sia positivi (come un evidente miglioramento delle capacità visuo-spaziali) che negativi (affaticamento mentale, dipendenza da stimoli digitali). E allora? Che si fa? Prima di tutto ci si ferma un attimo e poi si capisce come sia meglio ricominciare a correre. Perché l’apprendimento oggi è importante, ma non deve farci stancare la mente e soprattutto non deve fare in modo che questa si spenga e accenda a comando.

Concludiamo?

Quello a cui dovremo prestare attenzione in futuro sarà la linea dinamica di interconnessione tra tecnologia (sempre più avanzata) e il mantenimento effettivo delle nostre capacità cognitive. In maniera tale che queste possano essere sempre profonde e durature.