Abbiamo già spiegato cosa siano gli impalpabili, intangibili NFT, ora cerchiamo di capire come questi asset possano portare valore anche nei diversi ambiti in cui ne possiamo immaginare un’applicazione. Entriamo nei nuovi musei.
Valore museale e token non fungibili
Ad esempio, possono dare respiro al settore museale sempre carente dal punto di vista degli investimenti. In che maniera? Sappiamo che per le opere native digitali, gli artisti, i crypto artisti sono i detentori dei diritti, quindi cosa può fare un’istituzione culturale che è chiamata a tutelare un bene culturale che è patrimonio della collettività? La prima domanda da porsi è sicuramente sulla digitalizzazione e i suoi costi perché il presupposto degli NFT è creare una copia digitale.
Werea start up NFT per i musei
Un’idea è stata portata avanti dalla start up Werea che ha pensato di fare scansioni 3D delle opere e da quelle ricavare un’immagine unica virtuale; gli asset digitali sono registrati su blockchain. Vengono fatte più scansioni nel tempo che riportano alla stessa immagine “immortalata” su blockchain e se ne colgono le differenze grazie ad algoritmi di identificazione che permettono di risalire alle cause. Questi dati consentono un monitoraggio preventivo sullo stato di conservazione delle opere.
Werea propone gratuitamente il servizio di scansione se il museo emette gli NFT – pensati proprio per i musei che non possono vendere la proprietà dell’opera – dove una piccola quota dell’emissione va a sostegno dell’ecosistema.
Gli NFT potranno essere visualizzati nel metaverso democraticizzando l’accesso alle opere. Infatti, la società permette la creazione di migliaia di NFT per ogni opera in modo che chiunque ne possa acquistare uno per fruire dell’opera nel metaverso. Qui implementeranno meccanismi di gamification, creando fonti di entrate per i musei. In questa maniera, con queste nuove esperienze virtuali, i musei avranno la possibilità di allargare i propri pubblici.
Altri impieghi degli NFT per i musei
La certezza che abbiamo acquistando un NFT risiede nel sapere esattamente che chi lo emette è il reale proprietario di quell’opera o la persona autorizzata alla vendita. Tutti i passaggi dalla sua “nascita” sono tracciati sulla blockchain e quindi si possono vedere con assoluta trasparenza, tutti i passaggi di proprietà.
Se nelle opere native digitali l’associazione tra oggetto digitale e token digitale è più facile, cosa succede per le opere fisiche? È fondamentale capire chi sia il possessore, di chi è l’opera fisica e di chi è quella digitale, i diritti di proprietà dell’opera fisica e di quella digitale. Quindi altri modi per rendere interessante l’impiego degli NFT potrebbe essere quello di fidelizzare i visitatori che acquistano NFT in cambio di “vantaggi” legati allo stesso, oppure NFT che sponsorizzino restauri delle opere fisiche.
Pandemia e PNRR
In ambito culturale, i pionieri in campo digitale rappresentano generalmente poche istituzioni predisposte alla sperimentazione, spesso di natura privata e legate al contemporaneo che si presta maggiormente a dialogare con le tecnologie emergenti.
Oggi però a causa del Covid e tramite il PNRR, è possibile sperare in una crescita del ruolo delle istituzioni culturali come digital editor e publisher (per adesso video, clip, podcast, digital exhibition, giochi, contenuti on demand). Queste professioni da un lato chiedono qualità nella digitalizzazione, dall’altro potrebbero giovarsi di ambienti immersivi come il Metaverso dove proporre e pensare specifici contenuti culturali. Ma anche muovendosi in una modalità gratuita che consenta di inserire prodotti ed esperienze a pagamento attraverso NFT e modelli di abbonamento (mostre, live exhibition, virtual tour, education, talk etc.).
Di assoluto interesse diventa quindi il potenziale di NFT anche per piccole campagne di fundraising e di membership. I musei e gli archivi potrebbero prestarsi bene da questo punto di vista per coagulare nuove community di utenti su progetti sperimentali.