Indice
- La tecnica trasmediale
- VR e modalità di interazione
- Restare sulla tradizione
- Tecnologie produttive e competenze immersive
- Dalla parte del consumatore immerso
- Futuro dell’informazione
Quando vogliamo fare informazione, ogni volta che desideriamo condividere un argomento, dovremmo sempre fare riferimento a casi studio (se ce ne sono) e best practice. L’informazione immersiva, per la precisione, segue alcune logiche.
La tecnica trasmediale
L’European Journalism Observatory, ha definito la comunicazione e l’informazione immersive come metodiche che utilizzano “tecniche transmediali per immergere il pubblico attraverso l’impersonificazione virtuale”. Tutto questo risulta essere molto interessante. Come funziona quindi il processo di immedesimazione? E quali sono quegli elementi imprescindibili che caratterizzano l’immersione totale o parziale di un utente? Bisogna guardare agli strumenti che ne definiscono lo storytelling. Prima fra tutte la tecnologia che lo caratterizza e che viene utilizzata. Ricreare virtualmente uno spazio o uno scenario all’interno del quale si svolgono gli avvenimenti è il primo step. Questo però se si lavora su di una base prefissata di narrazione, e non all’interno di una registrazione realistica effettuata con tecnologie a 360°.
VR e modalità di interazione
E’ chiaro e lampante ormai, lo sappiamo tutti, che la prima tecnologia in uso è quella della Realtà Virtuale. Poi segue un accenno descrittivo o interattivo su piani differenti che sono definiti dalla Realtà Mista o Aumentata. Sicuramente però le visualizzazioni da parte dell’utente saranno sempre in 3D. E come viene dato l’accesso allo stesso utente? E in quale ruolo? Quello che accade è un processo lineare ma fondamentale che pone lo spettatore immerso in una situazione di fruitore puro della storia narrata (o della notizia). Sarà quindi protagonista e parte di quello che vedrà con una possibilità di interazione strutturata su più livelli. A volte infatti può anche essere fondamentale per lo sviluppo della storyline stessa.
Restare sulla tradizione
Le tecniche narrative immersive devono comunque sempre tener conto di quelle che sono state fino ad ora le dinamiche di racconto utilizzate. Il perfezionamento graduale a cui assisteremo, e che denoterà l’utilizzo sempre maggiore di ologrammi, rendering e video in 3D, sarà la cronologia della nascita di un nuovo modo di fare informazione. E’ quindi sicuramente innegabile che il ruolo delle Tecnologie XR definirà questa nuova dimensione. Ci sono tanti interrogativi però in merito. Sappiamo e vediamo che l’informazione classica sta subendo comunque diversi colpi. La crisi della stessa realtà giornalistica globale ci fa vedere che l’inserimento del nuovo tecnologico progresso sta creando un vero divario. Basterebbe capire come aiutare le redazioni, anche quelle meno importanti ad attuare procedimenti o investimenti per poter supportare nuovi progetti immersivi. Non è facile e la formazione del personale e di chi si occupa di fare informazione classica prenderà del tempo. Non è scetticismo ma semplice manovra temporale che si evidenzia davanti a tutto ciò che appare come nuovo.
Tecnologie produttive e competenze immersive
E’ anche vero però che oggi munirsi di sistemi o device collegabili a linee tecnologiche XR, come la AR e la VR, non risulta per gli utenti molto difficile. Anzi. Le evoluzioni in questo campo corrono molto veloci. Già quattro anni fa Jeremy Gilbert, director of strategic initiatives del Washington Post affermava:
La realtà virtuale garantisce profondità e concentrazione, dal momento che i consumatori bloccano qualsiasi tipo di distrazione quando consumano VR. Le barriere all’ingresso, però, sono alte. Gli utenti devono avere tempo e l’attrezzatura giusta per consumare le storie in realtà aumentata quando vi si imbattono o, se così non fosse, sono costretti a “salvarle” per quando verrà il momento giusto. La realtà aumentata, invece, rende l’immersive storytelling molto più accessibile. Le storie in AR, infatti, possono essere consumate tramite un oggetto onnipresente come lo smartphone. Non solo: portano alla luce aspetti chiave della storia, introducendo oggetti virtuali nella realtà fisica del consumatore. Per queste ragioni l’AR non solo piace ai consumatori, ma riesce a dare un impatto visivo allo storytelling che non si potrebbe sperare di avere altrimenti, tramite l’uso di tecniche più tradizionali.
Dalla parte del consumatore immerso
E gli utenti cosa vogliono? Sicuramente storie ricche di fatti e scenari da vivere in prima persona. Vogliono, desiderano fortemente la profondità della narrazione e soprattutto la possibilità di personalizzare ciò che scelgono. Sono molti gli studi in atto su ciò che accade sull’utente in particolare quando viene messa in moto l’informazione immersiva. Quello che accade quando si è all’interno di un piano di racconto virtuale è sicuramente la possibilità di “viverlo”. Esplorare poi è il secondo intento del consumatore immerso. Si parla in questo caso e legandoci al giornalismo immersivo ad esempio, di “centralità di chi vive le news”. Sono infatti il corpo e i sensi dell’utente ad avere la parte più importante. Rappresentare o ricostruire una storia in 3D a livello virtuale immersivo vuol dire portare in scena più mondi che si incontrano. Quello dell’utente e quello di chi racconta la storia nella sua modalità.
Futuro dell’informazione
Quello a cui dovremmo prepararci è allora un cammino di interazione innovativo che guardi all’immersività come ad un’ottimizzazione della user experience. Che si tratti di ricostruzione virtuale o di reali video girati in modalità 360°, quello a cui bisognerà prestare attenzione è soprattutto la metodica di creazione. Siamo però consapevoli del fatto che questa modalità di racconto legata all’informazione porterebbe sicuramente ad un coinvolgimento maggiore dello spettatore/utente. Con una serie di ritorni positivi dovuti alla riuscita del progetto che vede nella sensibilizzazione del pubblico uno dei primi e fondamentali obiettivi.